Come tutte le cose belle, anche Fontanafredda nasce da una storia d’amore, quella tra il primo Re d’Italia, Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana
Il Barolo non è nato per caso. “Se mi ami davvero regalami quella tenuta”

Deve essere proprio andata così, anzi è andata sicuramente così. Era poco prima del 1858 quando nacque una delle storie d’amore più belle delle Langhe. Ottobre, durante la stagione della caccia, Rosa Vercellana, detta la Bela Rusin, stava passeggiando nel parco di Racconigi quando un uomo con la particolarità di arricciarsi i suoi mustacchi, la colpì.
Quel giovane, il più affascinante del tempo, si chiamava Vittorio ed era sposato da oltre cinque anni con Maria Adelaide. La Bella Rosina aveva 14 anni ed era la figlia del tamburo maggiore dell’esercito del Re Carlo Alberto, il padre di Vittorio. Un giorno Vittorio la notò e fu amore a prima vista: un amore destinato a vivere in segreto, come le storie che aveva con le sue altre amanti. La Rosina, in cuor suo, lo sapeva. Era però disposta ad accettarlo, forse perché come lei, lui non amava nessun’altra.
Era lei, la Bella Rosina, la donna più invidiata del tempo.
Vittorio, primo Re d’Italia nel 1861, le aveva regalato due splendidi figli: Vittoria ed Emanuele. In seguito ad una violenta malattia, la moglie del Re morì e Camillo Benso, conte di Cavour, cominciò a proporre una lista di donne da prendere in sposa, perché la Rosina era una semplice popolana. Ma Vittorio, non si diede per vinto e nel 1877 scelse lei, nominandola Contessa di Mirafiore e Fontanafredda, regalandole proprio quella tenuta che aveva acquistato nel 1858 nella frazione di Serralunga d’Alba.
E fu così che la storia del Barolo e quella di Fontanafredda ebbero inizio.
I due sposini che d’estate vivevano nella Villa Reale, amavano la buona cucina e il vino di qualità, che producevano nella cantina costruita nel villaggio dove utilizzavano solo grandi botti in castagno.
Nel 1878, Vittorio morì per una brutta polmonite, qualche anno dopo anche la Rosina lo seguì.In quegli anni il primogenito, Emanuele Alberto, grazie alla sua passione e lungimiranza fondò l’azienda vinicola “Casa E. di Mirafiore” con i tenimenti in Barolo e Fontanafredda.
Una storia di famiglia, di generazione in generazione

Si leggeva su tutti i giornali del figlio, Emanuele Alberto, come un uomo che portò il Barolo sul mercato mondiale creando il primo listino commerciale. Casa Emanuele di Mirafiore, era un’azienda all’avanguardia, nel 1887 fu la prima in Europa a realizzare botti in cemento su brevetto svizzero dell’azienda Borsari.
Il suo Barolo cominciava ad essere sempre più conosciuto, ricevette la medaglia d’oro alla fiera di Bruxelles nel 1886, a quella di Chicago 1892 e a San Francisco 1894. Emanuele, non era solo un abile Produttore, concluse infatti la costruzione del villaggio in Fontanafredda, realizzando cascine, cantine, stalle, una chiesa e fondando la Fratellanza Agricola Operaia, il circolo ricreativo per i dipendenti, dove passava le sue serate a leggere i libri alla comunità, ancora analfabeta.
Purtroppo, nel 1894, morì per una grave malattia al fegato. A lui subentrò, a soli 18 anni, suo figlio Gastone. L’azienda era in piena espansione, venne realizzato il primo progetto di ristrutturazione della tenuta con l’ampliamento degli impianti e dei fabbricati: 200 dipendenti e più di 40 famiglie che vivevano all’interno della tenuta.
Il giovane Gastone amava anche la politica e le scappatelle, in questo assomigliava proprio a suo nonno, Re Vittorio, e fu per questo che l’azienda si rivelò un peso troppo grande per lui.
Grandi sfide affrontate con coraggio per una grande ricostruzione

La gestione della tenuta attraversò così un periodo di grave crisi al quale si unirono la Grande Depressione del ’29 arrivata dall’America e la fillossera. L’azienda fallì. Era il 1930 e la tenuta venne venduta all’asta per 1.005.500 lire al Monte dei Paschi di Siena, una banca toscana, mentre la marca Mirafiore invece venne venduta per 100.000 lire ad un noto produttore di Canelli. Poco a poco ricominciarono la vinificazione, ma senza marchio era difficile continuare.
Decisero così di utilizzare il toponimo della zona, Fontanafredda, che diventò il nome dell’azienda. Arrivò poi la seconda grande Guerra che segnò anni molto difficili, che impedivano il reperimento dei beni di prima necessità. Ma il villaggio, conservò un po’ della sua “isola felice”: insieme alle case, al pozzo e alle stalle, c’erano una “Privativa”, che vendeva Sali e tabacchi, alcuni artigiani, un grande orto comunitario e un forno.
Finalmente la guerra finì. A Fontanafredda, dopo tutte le difficoltà, si era tornati alla vita di sempre. Gli anni ’50 furono gli anni della ripresa economica con investimenti non solo sulla produzione del vino, ma si portò avanti anche un discorso sull’immagine.
Nuovi successi produttivi non tardarono ad arrivare. In particolare, Nel 1959 venne prodotto il primo Contessa Rosa, un vino che farà la storia dello spumante piemontese, così chiamato in onore della Bella Rosina. Il 1964 fu il primo anno di produzione del Barolo La Rosa, il primo cru certificato della zona del Barolo; nel 1966 venne realizzato il primo impianto italiano di fermentazione in acciaio inox; nel 1988 nacque il primo Barolo a menzione comunale “Serralunga d’Alba”. L’arrivo del nuovo millennio portò con se anche una rivoluzione nella squadra tecnica che reinterpretò la filosofia produttiva e diede un’impronta più sostenibile e di qualità e nel 2006 per Torino, Fontanafredda, divenne vino Olimpico.
Il grande cambiamento. Fontanafredda torna piemontese

Il grande cambiamento arrivò nel 2008, quando Oscar Farinetti e i suoi soci acquistano la tenuta, dopo 77 anni Fontanafredda torna piemontese. La crescita commerciale è stata dettata dalla grande qualità, lo abbiamo visto con quel Barolo li… 2004 vigna La Rosa, che si aggiudicò i massimi punteggi su tutte le guide italiane. Diventare un grande/piccolo produttore: è questa la scelta.
Il matrimonio tra l’innovazione, con il cambio del packaging per “svecchiare” il marchio e il mantenimento della storicità con le vecchie annate di Barolo ha portato a 3 semplici concetti: qualità, sostenibilità e narrazione. Sono queste le parole chiave di un avventura che dura da 160 anni, che oggi più che mai macina grandi traguardi. Ne abbiamo le prove: il Barolo la Rosa 2008,
nominato nel 2013 da Wine Spectator come uno dei 100 vini migliori al mondo e poi il primo Barolo a M.G.A. Fontanafredda, anche lui nel 2017 subito sul podio. Come 160 anni fa anche oggi si riservano energie per il territorio e la comunità: infatti, il primo villaggio narrante d’Italia è nato proprio qui. Ma il sogno che diventa realtà è la nomina di Wine Enthusiast come “Cantina Europea
dell’anno”.
Il cambio di passo è evidente, negli ultimi anni tutte le più importanti guide nazionali e internazionali lo dimostrano: così, ad esempio, Wine Spectator premia il Barolo DOCG Proprietà in Fontanafredda 2013 (prima annata lanciata sul mercato) con 95 punti; Wine Enthusiast attribuisce la menzione “Editor’s Choice” e 94 punti al Barolo DOCG del Comune di Serralunga d’Alba 2015; e, recentemente, il Barolo La Rosa 2016 ottiene 96 punti da Wine Spectator e 95 punti da Wine Enthusiast.
Nasce una nuova Fontanafredda. Migliore di prima e più rispettosa del nostro pianeta
Nel 2020 nasce una nuova Fontanafredda, migliore di prima e più rispettosa del nostro pianeta. Dopo aver riflettuto a lungo su come creare nuove opportunità, è emersa la necessità di dover cambiare prospettiva: 500 anni dopo il primo Rinascimento Italiano, ecco il Rinascimento Verde.
Il futuro ancora da scrivere, insieme

In fondo, se quella donna, la Bela Rusin, non si fosse innamorata di quell’uomo, Re Vittorio, Emanuele non avrebbe potuto fondare l’azienda vinicola e oggi non avremmo potuto raccontare questa bella storia e invece siamo qui per continuare a scriverla insieme.